Il
progetto del manicomio di Rovigo nasce nel 1906, ad opera del Consiglio
Provinciale che decise di aprire un Ospedale Psichiatrico a Rovigo, per
riunirvi tutti i pazienti polesani con problemi mentali che fino ad allora si
trovavano sparsi in 41 Ospedali in tutta Italia.
La superficie totale dell’area prescelta, tra fabbricati (fra cui 9 padiglioni) viali, cortili, giardini e colonie agricole, equivaleva a 20 ettari, duecentomila metri quadrati.
L’apertura ufficiale dell’Ospedale Psichiatrico avvenne però solo il 20 marzo del 1930, poiché varie vicissitudini e sospensioni, tra cui l’utilizzo dell’area durante la I Guerra Mondiale da parte dell’Amministrazione Militare, ne ritardò i lavori di costruzione.
La struttura fu progettata e creata per ospitare 400 persone, ma in realtà finirà poi per ospitarne circa 700.
Dal 1930 al 1980, l’Ospedale Psichiatrico di Granzette svolse la funzione di “ricovero e cura” dei pazienti psichiatrici per tutta la provincia di Rovigo (non potendo più accogliere nuovi malati per la legge psichiatrica allora in vigore), divenendo così una vera e propria “istituzione totale”.
Le cure dei pazienti psichiatrici all’epoca erano di tipo coercitivo e violento, venivano infatti praticati l’elettrochoc e l’insulinoterapia.
Nel dicembre del 1997 la struttura viene definitivamente chiusa.
Da allora l’intera area è dismessa e la struttura si trova in stato di completo abbandono (con l’eccezione di tre padiglioni ancora abbastanza conservati che sono usati dall’Asl 18 come depositi e archivi).
La superficie totale dell’area prescelta, tra fabbricati (fra cui 9 padiglioni) viali, cortili, giardini e colonie agricole, equivaleva a 20 ettari, duecentomila metri quadrati.
L’apertura ufficiale dell’Ospedale Psichiatrico avvenne però solo il 20 marzo del 1930, poiché varie vicissitudini e sospensioni, tra cui l’utilizzo dell’area durante la I Guerra Mondiale da parte dell’Amministrazione Militare, ne ritardò i lavori di costruzione.
La struttura fu progettata e creata per ospitare 400 persone, ma in realtà finirà poi per ospitarne circa 700.
Dal 1930 al 1980, l’Ospedale Psichiatrico di Granzette svolse la funzione di “ricovero e cura” dei pazienti psichiatrici per tutta la provincia di Rovigo (non potendo più accogliere nuovi malati per la legge psichiatrica allora in vigore), divenendo così una vera e propria “istituzione totale”.
Le cure dei pazienti psichiatrici all’epoca erano di tipo coercitivo e violento, venivano infatti praticati l’elettrochoc e l’insulinoterapia.
Nel dicembre del 1997 la struttura viene definitivamente chiusa.
Da allora l’intera area è dismessa e la struttura si trova in stato di completo abbandono (con l’eccezione di tre padiglioni ancora abbastanza conservati che sono usati dall’Asl 18 come depositi e archivi).
Durante la II Guerra Mondiale l’Ospedale Psichiatrico di Rovigo
fu anche usato dai nazi-fascisti per rinchiudervi alcuni prigionieri e nel 1944
la struttura subì l’occupazione delle truppe tedesche che ottennero l’utilizzo
del padiglione di isolamento per i propri scopi bellici (documenti storici
riportano che i soldati tedeschi usarono l’Ospedale di Granzette come
postazione antiaerea).
Tutto questo mentre nella struttura erano ricoverati i pazienti che non solo erano costretti a subire le terribili cure dell’epoca, ma si trovavano anche ad affrontare oltre al disagio provocato dalla propria malattia mentale anche incursioni aeree militari che provocavano feriti tra personale ospedaliero e malati stessi, e poi ancora rapine, requisizioni, furti di medicinali, attrezzature, oggetti personali e molto altro.
Tutto questo mentre nella struttura erano ricoverati i pazienti che non solo erano costretti a subire le terribili cure dell’epoca, ma si trovavano anche ad affrontare oltre al disagio provocato dalla propria malattia mentale anche incursioni aeree militari che provocavano feriti tra personale ospedaliero e malati stessi, e poi ancora rapine, requisizioni, furti di medicinali, attrezzature, oggetti personali e molto altro.
L'ultima esplorazione (Luglio 2013) vuole far vedere come la
natura sta riconquistando (invadendo) le strutture del sito, e la scelta
dell'infrarosso vuole dare più incisività alle immagini rendendo visibili
particolari che altrimenti si confonderebbero nel fitto bosco abitato da Gufi,
Volpi, Picchi, Upupe e Biachi o Carbonassi.
Sergio Sartori afi bfi
Nessun commento:
Posta un commento